L’interrogatorio dopo l’arresto

Alcamo, Papania e Perricone rispondono al Gip e negano le accuse

L’ex senatore Nino Papania e l’ex vicesindaco di Alcamo Pasquale Perricone hanno risposto all’interrogatorio di garanzia davanti al Gip del tribunale di Palermo dopo l’arresto dei giorni scorsi nell’ambito dell’operazione antimafia “Irene”. Entrambi hanno respinto ogni accusa a loro addebitata, sostenendo di non conoscere in alcuni casi o comunque non aver mai fatto “accordi” di alcun tipo con gli altri personaggi invischiati nell’inchiesta.

Ora per Papania, Perricone e gli altri 8 indagati si attende il pronunciamento sull’eventuale scarcerazione dei due o comunque sulla concessione di ordinanze cautelari meno restrittive. Il blitz della squadra mobile di Trapani e Palermo si è materializzato lo scorso 16 settembre. L’operazione, coordinata dalla Dda, ha permesso di eseguire un’ordinanza cautelare nei confronti di 10 persone, tutte residenti nel trapanese accusate a vario titolo di associazione a delinquere di stampo mafioso, scambio elettorale politico mafioso, estorsione e spaccio di stupefacenti aggravati dal metodo e dall’agevolazione mafiosa, nonché traffico di influenze, violazione di segreto d’ufficio e porto e detenzione illegale di armi.

L’indagine parte da una prima inchiesta iniziata a maggio del 2021 dalla squadra mobile di Trapani e condotta insieme alla squadra mobile di Palermo, della locale Sosco e del servizio centrale operativo della polizia di Stato. L’indagine avrebbe consentito di documentare gli assetti e il rinnovato dinamismo criminale delle “famiglie” mafiose di Alcamo e Calatafimi, in seguito all’arresto dei numerosi esponenti storicamente al vertice delle stesse.

Sono state ricostruite estorsioni alcune consumate altre solo tentate, ai danni di imprenditori locali, tra i quali un imprenditore di Castellammare, con interessi nel settore della distribuzione alimentare e del mercato immobiliare, e due imprenditori alcamesi attivi nel settore dell’edilizia, del movimento terra e della commercializzazione di autovetture. Le vittime sarebbe state minacciate di ritorsioni se non avessero versato, nelle mani di un uomo di fiducia del capo famiglia alcamese, la somma di 50 mila euro. Anche il titolare di un maneggio sarebbe stato vittima degli indagati. E un buttafuori trapanese sarebbe stato costretto ad abbandonare il proprio impiego in un esercizio commerciale per fare assumere il figlio di un noto pregiudicato del posto, destinatario del provvedimento cautelare.

Papania in particolare è accusato di aver dato denaro in cambio del sostegno della mafia ad un suo candidato alle scorse elezioni regionali. A spalleggiarlo,. sempre secondo l’accusa, ci sarebbe stato anche Perricone che avrebbe fatto da cerniera con gli esponenti mafiosi locali.